Biografia fotografica

Mio zio Antonio Panzone nasce a Montecalvo Irpino (AV) il 1903, primo di sei figli, da Felice Panzone (1822-1950) e Sofia Scolastico (1877-1954). Dei suoi cinque fratelli G. Alfredo vivrà solo 3 mesi (04/1911-07/1911) e A.Gerardo solo 14 anni(1912/1926), mentre miglior sorte avranno sua sorella M.Giuseppa (1905-1974) e i suoi fratelli Alfonso , mio padre, (1922-1990) e Davide (1923-2000). Suo padre, un calzolaio, per dare un futuro a lui ed alla sorellina partì per gli USA nel 1904 da Napoli con la S.S. Florida e vi restò sei anni . Non so niente di quei sei anni di mio nonno, ma le foto di emigranti che vi allego lasciano poco spazio all'immaginazione, ed io mi sono commosso quando ho scaricato da internet il manifesto di carico della S.S. Florida con il nome di mio nonno ventiquattrenne che sbarca a New York, e vi invito a leggerlo. So per certo che quel dolore e quel coraggio non furono inutili, perchè un calzolaio che credeva nel futuro della sua famiglia potette finanziare il figlio affinchè frequentasse il Corso Allievi Ufficiali, e per capire quanto questo abbia dell'incredibile vi invito a leggere questa pubblicazione di Emilio Bonaiti. A questo punto vorrei parlarvi della carriera militare di mio zio, ma, pur avendoli richiesti, sono ancora in attesa dei dati da parte del Ministero della Difesa, e perciò mi affido alle sole foto in mio possesso. So invece che ad un certo punto della sua vita lascerà l'Esercito per entrare nel Regio Genio Civile, ed in tale veste di Funzionario Statale, verrà inviato in soccorso alle popolazioni irpine, a seguito del disastroso terremoto del 1930, e perciò sarà uno dei progettisti della costruzione delle casette asismiche che segnarono la rinascita del suo paese d'origine completamente distrutto, come potete vedere dalle foto. Conosco, inoltre, della sua carriera di Funzionario Statale che prestò servizio per il Ministero dell'Africa Italiana in Libia dal 03.09.1935 al 02.03.1938, e successivamente dal 07.07.1938 per il Governo dell'Harar, e con questi incarichi fu uno dei progettisti della Balbia (e le foto che pubblico in questo sito le scattò lui durante i lavori), ed in quanto tale fu insignito del titolo di Cavaliere dell'Ordine Coloniale della Stella d'Italia. Poi la 2° guerra mondiale, e la leggenda di famiglia lo vuole a fare guerriglia sulle montagne del deserto Sirtico con i suoi soldati libici fino al 03.12.1941, quando venne fatto prigioniero dagli inglesi ed internato in campo di concentramento in Kenya fino al 08.08.1947, allorchè venne rimpatriato in ritardo perchè etichetatto come "pericoloso fascista sovversivo", poichè pretendeva di essere salutato, in quanto ufficiale, dai soldati inglesi, come previsto dalla Convenzione di Ginevra, e questo non contribuì certo a rendergli la prigionia più leggera. Non so se fosse fascista o no, conservatore e monarchico, con il suo passato di ufficiale, senz'altro, ma se si tiene conto che il padre e i fratelli, tra cui mio padre, erano cattolici sturziani, e non vennero mandati al confino perchè Montecalvo Irpino era già luogo di confino, la cosa assume proprio il sapore della beffa. Amava profondamente da tempo e, finalmente, sposò una romagnola molto bella, zia Linda Lapi , che perse troppo presto negli anni 50 e per la quale, l'ho visto con i miei occhi di bambino e oggi capisco cosa vedevo, abbandonò la vita e scelse di lasciarsi morire poco a poco, dopo aver vissuto tanto intensamente. Mi è mancato in Avellino il 1970, non prima di essere stato nominato anche Cavaliere della Repubblica Italiana dopo il cavalierato del Regno, ed è sepolto nella tomba di famiglia che eresse nel suo paese natale. Se chiudo gli occhi lo vedo, come l'ho sempre visto, alto, forte perfettamente sbarbato con il suo aroma di colonia Atkinsons, in cravatta, panciotto e giacca da camera cammello, seduto con l'immancabile sigaretta in mano ed il fiasco di Chianti vicino, in silenzio a pensare a sua moglie o all'Africa, chissà. Nella sua casa di Avellino, io bambino per fare colazione con lui dovevo indossare anch'io la cravatta e ricordo bene che era l'unico che con uno sguardo zittisse mio padre, del quale, per età, poteva ben essere padre lui. Questa casa di Avellino la donò a me in eredità e con essa, proseguendo nella tradizione di famiglia di investire nel futuro dei nostri figli, come mio padre ha investito nella mia laurea alla Federico II° di Napoli, io ho investito, nella laurea prima e nella specialistica, poi di mia figlia alla Bocconi di Milano. Non so altro di Antonio Panzone, ma so per certo che la sua casa di Avellino dopo tanti anni di servizio per lo Stato, e con incarichi di responsabilità, la potette comprare con i soldi che gli prestò un suo fratello più piccolo, mio padre, e so che, nella sua ultima fase di lavoro ad Avellino nel Genio Civile, chiese di essere esonerato dai collaudi, perchè, poichè puntualmente si faceva tardi e si doveva pranzare con le imprese appaltarici, e, poichè non concepiva di farsi offrire il pranzo da un appaltatore, pagava lui e non se lo poteva permettere. In conclusione di questa biografia, il ricordo pubblico e semplice, quindi, che mi piace lasciare di mio zio Antonio Panzone , è di un onesto, orgoglioso funzionario dello Stato. e, come nipote devoto, per il mio orgoglio e in sua memoria, il mio onore, sarà che i figli di mia figlia potranno un giorno dire altrettanto di me.

Foto corso allievi ufficiali

La mia Libia

Terremoto a Montecalvo I. 1930 Italiani emigranti di inizio secolo

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