Le canzoni degli Anni 30 e 40

Le canzoni degli italiani

Le canzoni degli Anni Trenta e Quaranta, specie se ascoltate nelle incisioni fonografiche originali, dimo­strano oggi un’incredibile vitalità, uno straordinario fascino, uno spiccato sapore nostalgico. E ciò è vero per la maggioranza degli italiani, e non soltanto per coloro al cui patrimonio di ricordi esse appartengono, ma anche per chi non ha vissuto i tempi che le videro nascere. Forse perché esse furono le prime canzoni degli italiani, di tutti gli italiani. Ma è un periodo che più che alla storia sembra appartenere alla preistoria della canzone italiana intesa come fenomeno popolare. Lo stile era elegante e ricercato, il destinatario un pubblico di estrazione borghese e cittadina, la divulgazione limi­tata e comunque graduale per l’assenza di mezzi di diffu­sione di massa, a parte i pianini ambulanti. Il disco, è vero, in quegli anni migliorò decisamente la sua qualità, è dal 1925 la sosti­tuzione dell’incisione acustica con quella elettrica, ma rimase un prodotto di lusso, riservato a pochi. Il risultato è che le canzoni delle prime tre decadi del nostro secolo, conosciute oggi di solito attraverso inter­pretazioni moderne, talora ironiche, talora affettuose, hanno un po’ il profumo dei fiori appassiti. La vera storia della canzone italiana ha inizio cosi negli Anni Trenta. Fu allora che la radio cominciò a portarla in un numero sempre maggiore di case in ogni parte del Paese, nei centri grandi e piccoli, in città come in provin­cia, superando barriere geografiche, economiche, sociali e linguistiche. Nacquero così, con le canzoni della  radio, “le canzoni degli ita­liani”. Esse si uniformarono al gusto medio di un pub­blico vasto e indifferenziato e nello stesso tempo contri­buirono a formarlo. Tradussero nel linguaggio di tutti i giorni i sentimenti della gente comune, si sostituirono come forma di espressione e di svago alla canzone popo­lare dialettale.

Quando la radio si chiamava EIAR

Anche se l’inventore della radio fu un italiano, Guglielmo Marconi, essa si diffuse in Italia con ritardo non solo rispetto agli Stati Uniti, ma anche a Paesi euro­pei come l’Inghilterra, la Germania, la Francia. La data di nascita ufficiale è il 1924, quando a Roma iniziò le sue trasmissioni regolari una stazione gestita dalla Unione Radiofonica Italiana (URI) in base a una concessione governativa. Una legge del 1910, infatti, aveva riservato al Governo l’esercizio degli impianti radiofonici, con la facoltà di concedere tale attività ad enti pubblici o pri­vati. Nonostante dietro l’URI ci fossero gli interessi dei fabbricanti di apparecchi, ci volle del tempo perché anche da noi la radio assumesse un’importanza nazio­nale, dato l’alto costo degli impianti di trasmissione, degli apparecchi riceventi e del canone d’abbonamento richiesto agli ascoltatori. Radio Milano cominciò a tra­smettere nel 1925, Radio Napoli nel 1926, e nel 1928 entrarono in funzione le stazioni di Torino e Bolzano. In quell’anno in Italia si contavano poco più di 60.000 abbonati contro i milioni di radioascoltatori di Inghilterra e Germania. La radio era nata contemporaneamente al regime fa­scista. Il fascismo, naturalmente, aveva bisogno del consenso popolare per le sue iniziative sia politiche che economi­che e sociali; a tal fine il controllo e lo sviluppo degli organi di informazione appariva essenziale. E infatti la concessione, in esclusiva, all’URI del servizio radiofo­nico era stata preceduta, nel febbraio 1923, da nuove norme sulle comunicazioni senza filo, che tra l’altro defi­nivano i poteri di controllo del Ministero delle Poste, dal 1924 assorbito dal Ministero delle Comunicazioni, sugli eventuali concessionari del servizio, e stabilivano anche la facoltà governativa di imporre il licenziamento o di vietare l’assunzione del personale da impiegarsi in tale servizio per motivi di pubblica sicurezza. Lo sviluppo dell’attività dell’URI, tuttavia, non fu giudi­cato soddisfacente da Mussolini, che nel gennaio 1927 volle venisse costituita una commissione con l’incarico di provvedere a un accurato esame della situazione generale della radiofonia. In base ai suggerimenti della commissione, tra la fine del 1927 e l’inizio del 1928, l’URI venne trasformata in Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (EIAR), una società privata alla quale lo Stato diede per 25 anni in esclusiva la concessione del servizio radiofonico. Presso il Ministero delle Comunica­zioni venne istituito un Comitato superiore per la vigi­lanza sulle radiodiffusioni, di cui fecero parte rappresen­tanti del mondo economico, della cultura e del giornali­smo, nominati dal Capo del governo su proposta del Ministero. Del consiglio di amministrazione dell’Ente fecero parte quattro membri di nomina governativa, tra i quali Arnaldo Mussolini, fratello dèl Duce, che divenne uno dei due vice-presidenti, Il canone d’abbonamento fu ridotto da 96 a 75 lire, e scuole, ospedali e istituti di cultura ne vennero esentati. Tra il 1928 e il 1933 l’EIAR attraversò un periodo di assestamento tanto a livello di struttura societaria quanto a quello di attività di diffusione.  La direzione generale fu trasferita prima a Milano, poi nel 1930, a Torino. In quell’anno il “Radiorario”, settimanale creato nel 1925 dall’URI per comunicare al pubblico il programma delle trasmissioni, divenne “Radiocorriere”. Sempre nel 1930 vennero inaugurate due nuove e più potenti stazioni a Roma, cui fecero seguito nel 1931 quelle di Palermo e Trieste, nel 1932 quelle di Bari e Firenze, e nel 1933 le seconde stazioni di Milano e Torino. Tra il 1931 e il 1933 il controllo della maggioranza delle azioni dell’Ente passò alla SIP, società a sua volta con­trollata dall’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale, appena creato dal governo per intervenire nei settori eco­nomici che ne mostrassero necessità. Alla presidenza dell’Ente venne chiamato l’ing. Giancarlo Vallauri, Accademico d’Italia e personaggio di indiscutibile presti­gio nel campo dell’elettronica, il quale si incaricò di tra­durre in pratica  con energia ed efficienza le direttive di Mussolini sull’incremento della diffusione della radiofo­nia, grazie anche a una nuova convenzione con lo Stato che tra l’altro, sotto forma di sgravi fiscali, concedeva all’EIAR i finanziamenti necessari allo sviluppo degli impianti. Venne inoltre sciolto il Comitato di vigilanza e creata al suo posto una più agile e funzionale commis­sione di quattro componenti: due competenti d’arte, un tecnico e un rappresentante del Sottosegretariato per la Stampa e Propaganda, ufficio creato e diretto dal 1933 da Galeazzo Ciano, e trasformato nel 1935 in Ministero della Stampa e Propaganda (poi Ministero della Cultura Popolare). Tutto ciò farebbe pensare, a dispetto della struttura priva­tistica dell’Ente, a un’attività radiofonica gestita dal regime con mano ferrea e a scopi esclusivamente propa­gandistici, ma non fu esattamente cosi. In Italia, infatti, se da una parte si cercò di favorire la diffusione della radio nel  Paese, portandola anche nelle scuole e nelle sedi delle più disparate organizzazioni oltre che negli uffici dei ministeri e degli enti da essi dipendenti, l’im­portanza data evidentemente al mezzo come veicolo di formazione psicologica delle masse non si tradusse nella sua totale e sistematica utilizzazione a tal fine, salvo che per i notiziari, i loro commenti e gli altri programmi con-simili. Per contro la radio svolse un importante ruolo di unificazione e avanzamento culturale su una nazione con ancora un modesto tasso di urbanizzazione, una scarsa mobilità sociale e un’alta percentuale di analfabeti o semi-analfabeti. Gli abbonati alle radioaudizioni, 60.000 fino al 1933, nel 1934 passarono da 328.000 a 440.000, per toccare i 530.000 nel 1935, i 697.000 nel 1936, gli 825.000 nel 1937, e superare finalmente nel 1938 la fatidica cifra di un milione (1.017.657). I due milioni, nonostante la guerra, vennero superati nel 1942. Anche se a partire dal 1937, per la prima volta nella storia della radio italiana, il parlato superò la musica come ore di trasmissione (il 53% contro il 47%), il pub­blico continuò a mostrare di preferire i programmi musi­cali, con un marcato orientamento verso la musica varia al posto dell’opera e dell’operetta che avevano invece primeggiato in precedenza. Il graduale accesso all’a­scolto delle classi popolari dava i suoi effetti. Tra il novembre 1939 e il gennaio 1940 l’EIAR indisse tra i suoi 1 .200.000 abbonati un referendum a premi; si ebbero oltre 900.000 risposte tra le quali 40.000 circa di non abbonati, nonostante l’illegalità della loro posizione e le multe che essa comportava, Il “Giornale radio”, con un 95% di indice di gradimento, risultò la trasmissione più seguita. Al secondo posto, con ‘87-88%, c’erano i programmi di varietà e selezioni di canzoni, al terzo, con i commenti ai fatti del giorno e l’opera lirica, al quarto, con l’80%, l’operetta, la rivista e la commedia musicale. Alla rubrica indicata come “radiocronache e avvenimenti sportivi”, che comprendeva le radiocrona­che politiche, andò un magro 50% delle preferenze, che con il 45% ottenuto dalle conversazioni e interviste, per lo più di genere politico-giornalistico, confermava il poco interesse degli italiani per la politica. Gli italiani, dunque, amavano la musica e le canzoni in particolare ed evidentemente gradivano le canzoni che la radio proponeva loro.

Dai microfoni dell’EIAR

Nel 1940 Nizza e Morbelli, gli autori che nel 1935 ave­vano creato la fortunata trasmissione “I quattro moschet­tieri” abbinata al concorso della Perugina, concorso che aveva indotto gli italiani alla disperata ricerca della intro­vabile figurina del “feroce Saladino”, scrissero, con Gino Filippini “L’uccellino della radio”, una canzone che una delle migliori interpreti del tempo, Silvana Fioresi, si incaricò di rendere popolare. Essa si riferiva al caratteri­stico cinguettio che l’EIAR usava nelle pause tra un pro­gramma e l’altro. Un’aria di libertà, di spensieratezza, che era il riflesso delle aspirazioni di molti: “Della radio l’usignol / stamat­tina ha preso il voI / al suo libero cielo ha voluto ritornar. / Nella gabbia a fili d’or / rimaneva a malincuor / tutti i passeri udendo di fuori a cinguettar... Non lo state ad aspettar / non vorrà più ritornar. / Nel suo volo d’amore e d’azzurro verso il sol / l’uccellino della radio ha preso il voI”. Non ci sono prove che il regime stimolasse attivamente questo genere di produzione musicale, però, la sua pro­clamata ostilità alle influenze straniere in genere, e ai ritmi sincopati di origine americana in particolare, che contribuivano, più o meno contrabbandati, a rendere particolarmente gaia la nostra canzone, avrebbe dovuto comportare un atteggiamento negativo nei suoi con­fronti. In realtà le caratteristiche della nostra produzione canora erano spontanee, tutt’al più suggerite agli autori e agli interpreti dalle preferenze manifestate dal pubblico, e il regime le vedeva come uno sfogo innocuo, e in fondo benefico, salvo specifici ma rari interventi, quando riscontrava nei testi espressioni non convenienti. Ma più che censura ci fu forse autocensura. Gli autori e gli edi­tori di canzoni cercavano naturalmente il successo, e il vasto successo popolare non poteva venire che dalla radio o dal cinema, come si vedrà più oltre, ambedue strettamente controllati dalle autorità, I dischi, anche se cominciavano indubbiamente ad avere una maggiore diffusione ed erano prodotti, fino al 1940 (quando le case fonografiche straniere vennero poste sotto sequestro), non solo dalla Cetra, controllata dal gruppo SIP-EIAR, ma anche da ditte private e indipendenti, davano ancora dei guadagni relativi ed erano comunque condizionati al successo che canzoni ed interpreti ottenevano alla radio nel cinema. Le canzoni italiane trasmesse dai microfoni dell’EIAR si possono suddividere in alcuni filoni ben precisi in base alla loro ispirazione o ad altre caratteristiche, Il primo posto, naturalmente, lo avevano le canzoni d’amore, e a esse è dedicata la prima facciata della nostra antolo­gia. Le loro melodie portavano spesso la firma di Gio­vanni D’Anzi, uno dei più prolifici e più felici composi­tori che la nostra canzone abbia avuto. Alcune, come “Tornerai”, scritta dal Maestro Dino Olivieri nel 1936 con versi di Nino Rastelli, ebbero successo anche all’e­stero; in Francia divenne subito “J’attendrai” e nel ‘45 con il titolo di “l’lI be yours” arrivò anche in America e venne interpretata, tra gli altri, da Bing Crosby e Frank Sinatra. Grande popolarità ottennero le canzoni che parlavano della radio stessa o che con essa in qualche modo si identificavano..

La radio e il cinema

Radio e cinema nell’Italia degli Anni Trenta ebbero svi­luppi paralleli e interscambi vantaggiosi per ambedue. Il primo film sonoro italiano ebbe come commento musi­cale “La canzone dell’amore” di Gennaro Righelli (1930), più nota attraverso il primo verso del ritornello “Solo per te, Lucia”. Il brano ottenne grande, immediato e duraturo successo ed entrò quasi subito a far parte del repertorio dei nostri grandi tenori, e in particolare di quello di Beniamino Gigli. Come d’altronde era avve­nuto per il cinema americano, il nostro cinema sonoro era nato cantando e continuò a cantare, in modo partico­lare nel filone “dei telefoni bianchi”. Essa prese in pre­stito dalla radio canzoni e cantanti, che fece divenire attori, e diede alla radio attori, che divennero cantanti. Un baritono, infine, Gino Bechi, ebbe un grosso successo cinematografico, radiofonico e disco-grafico con il film “Fuga a due voci”, diretto nel 1942 da Carlo Ludovico Bragaglia, con a fianco una delle giovani dive del momento, Irasema Dilian, per la quale cantava “Soli soli nella notte” e “La strada nel bosco”.

Dall’EIAR alla RAI

10 giugno 1940, quando l’Italia entrò in guerra, anche la radio fu mobilitata in occasione del conflitto. Si prov­vide a una riduzione dei programmi considerati di intrat­tenimento, sia di prosa che musicali, a favore dell’am­pliamento di quelli giornalistici. Un confronto tra i pro­grammi mandati in onda nel 1939, l’ultimo anno di pace, e quelli del 1941 vede una diminuzione di circa il 30% di quasi tutti i generi musicali, compresa l’opera lirica. Ma va tenuto presente che le trasmissioni speciali di nuova creazione, dedicate ai soldati, alle loro fami­g~ie, ai feriti e così via, contenevano molta musica, e soprattutto canzoni, genere che già nel corso degli Anni Trenta aveva dimostrato di godere vaste simpatie tra il pubblico radiofonico. Naturalmente si accentuò il processo di italianizzazione della canzonetta, e l’EIAR, dalle pagine del “Radiocor­riere”, assicurò che la radio da tempo andava applicando la norma della predominanza assoluta nei suoi pro­grammi della produzione nazionale. E questo sia per la musica leggera che per la musica sinfonica, le opere e le operette. In realtà la canzone, come dimostrano successi radiofonici del 1941 quali “C’è un’orchestra sincopata” o “Quando canta Rabagliati”, continuò ad andare per la sua strada, rifiutando ogni eccessivo condizionamento, forte del consenso popolare. E continuò ad essere spec­chio dei sentimenti e degli umori della gente, dalla profe­tica “Signora illusione” alla sardonica “Tutto bene madama la marchesa”, tradotta dal francese, dalla filoso­fica “Camminando sotto la pioggia” alla disincantata “E stata una follia”,NeI 1942 le canzoni di guerra, come “Caro papà”, “La canzone dei sommergibili” e “La saga di Giarabub”, giunsero all’apice del loro successo. La raccolta di esse, pubblicata dall’editore Campi di Foligno col titolo “Can­zoni del tempo di guerra” ebbe quattro ristampe in pochi mesi, per oltre mezzo milione di copie. “Liii Marlen” era stata composta dal tedesco Norbert Schultze nel 1938 (i versi erano di Hans Leip). Il disco inciso da Lale Andersen non aveva avuto successo. Ma un certo numero di copie di esso erano finite a Radio Belgrado che, dopo l’occupazione tedesca dell’aprile del 1941, per mancanza di meglio prese a trasmetterlo fre­quentemente. Era solo una canzone d’amore un po’ tri­ste, non apprezzata a Berlino che l’aveva giudicata disfattista, ma piaceva alle truppe tedesche, fu quindi trasmessa ogni sera, per disposizione dello stesso Hitler. E sulle onde della radio la canzone superò i fronti di battaglia e fu adottata dai soldati dell’una e dell’altra parte. In Italia ne fu incisa una versione nella nostra lin­gua nel 1942. Provvide ai versi italiani Nino Rastelli, autore in genere di cose piuttosto frivole, da “Il pinguino innamorato” a “I pompieri di Viggiù”, ma anche di “Tor­nerai”, la cui atmosfera non era molto diversa; dell’inci­sione si occupò il Maestro Angelini, che scelse come interprete Lina Termini. Una sorte analoga a quella di “Liii Marlen”, anche se senza incontrare censure sul suo cammino, toccò a “Rosamunda”. Composta nel 1934 deI cecoslovacco Jaromìr Veywoda varcò l’oceano e nel 1939 venne prima presentata, con il titolo di “Beer Barrel Polka”, nella ver­sione strumentale del fisarmonicista Will Glahe e la sua orchestra, poi portata al successo dalle Andrews Sisters. Divenuta particolarmente popolare tra le truppe angloamericane, pure lei volò oltre le linee. In Italia, con testo di Nisa fu incisa nel 1943 dall’orchestra di Angelini con la voce squillante di Dea Garbaccio. Le vicende belliche coinvolsero ulteriormente la radio e le sue canzoni. In seguito alle incursioni aeree alleate su Torino, nei dicembre 1942 le orchestre radiofoniche di Angelini e Zeme furono trasferite a Bologna e poj, nella primavera del 1 943, a Montecatini, e quella di Barzizza a Firenze, dove furono portate anche le attrezzature di incisione della Cetra. Alla fine deI ‘43 Zeme andò a Milano, mentre Angelini, Barzizza e la Cetra tornarono a Torino, dove nel gennaio del 1 944 ripresero le trasmis­sioni e le incisioni. Da Roma, fino a che poterono, continuarono a trasmet­tere le orchestre di Segurini e Fragna e quella di Gallino, che vi era stata trasferita da Torino. Dal 12 settembre 1943 Radio Roma passò sotto il controllo tedesco, men­tre dal 23 settembre la stazione di Bari, passata sotto il controllo americano, cominciò a trasmettere come “Radio Italia Libera”. il 26ottobre 1944 (con un decreto legislativo, il re aveva trasmesso i suoi poteri al principe ereditario Umberto dopo la Libera­zione di Roma, avvenuta il 4 giugno) il governo Bonomi provvide a mutare la denominazione dell’EIAR in RAI (Radio Audizioni Italiane), ponendo fine alla gestione commissariale delle attività radiofoniche dell’Italia cen­tro-meridionale organizzata dal governo militare alleato. Al Nord l’EIAR, con il presidente Vallauri sostituito da Ezio Maria Gray come commissario straordinario nel dicembre 1943, continuò a operare fino al 25 aprile 1945, dopodiché la radio fu controllata da una gestione commissariale, nominata dal Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia (CLNAI), che rimase in carica fino, al dicembre di quell’anno. Col 1946 venne ricosti­tuita l’unità aziendale, con un nuovo consiglio di ammi­nistrazione presieduto da Arturo Carlo Jemolo. Poiché molti degli impianti erano stati asportati o distrutti durante la guerra la ricostruzione dell’intera rete nazio­nale fu piuttosto difficile. Le trasmissioni rimasero divise in due gruppi: quelle del Gruppo Sud e quelle dei Gruppo Nord fino al 3 novembre 1946, quando si giunse a una definitiva normalizzazione con l’istituzione di due reti, la rossa e l’azzurra, su tutto il territorio nazionale. E le canzoni? Cosa era accaduto nel frattempo alle tanto amate canzoni della radio? Niente di grave, continua­rono a trasmettere dai microfoni della RAI le orchestre torinesi di Gallino, Mojetta, Barzizza, Maghini e Gimel­li, quelle milanesi di Zeme, Nicelli, Barimar, Mobiglia, quella fiorentina di Ferrari, quella napoletana di Cam­pese, quella di Carlo Vitale da Bari, che aveva iniziato la sua attività nel 1 944. E accanto a un certo numero di voci nuove, tornarono quelle di Rabagliati, della Fioresi, di Bonino, della Garbaccio...

 

CANZONE

di

canta

CANZONE

di

canta

CANZONE

di

canta

Il primo pensiero

Pagano

Cherubini

A. Rabagliati

Tornerai

Olivieri

Rastelli

Trio Lescano

Quartetto Funaro

Bambina innamorata

Bracchi

D'Anzi

A. Rabagliati

Notte e dì

Redi Nisa

J. Cacciagli

C'è una casetta piccina

Prato Valabrega

A. Rabagliati

Non dimenticar le mia parole

Bracchi D'anzi

E. Livi Trio Lescano

L'uccellino della radio

Filippini Nizza Morbelli

S. Fioresi

La canzone del boscaiolo

Barzizza Morbelli

A. Rabagliati Trio Lescano

La famiglia canterina

Cherubini Bixio

E. Bonino e Trio Lescano

Quando la radio

Prato Morbelli

A. Rabagliati

Silenzioso slow

D'Anzi Bracchi

N. Bruni

C'è una chiesetta

Rampoldi Cantoni

A. Rabagliati

La canzone dell'amore

Bixio Cherubini

B. Gigli

Vivere

Bixio

T. Schipa

Non ti scordar di me

De Curtis Furnò

B. Gigli

La mia canzone al vento

Bixio Cherubini

G. Lugo

Terra straniera

Marletta Liberati

B. Gigli

Chi è più felice di me?

Bixio

T. Schipa

C'è un'orchestra sincopata

Bixio Cherubini

Trio Lescano

Quando canta Rabagliati

D'Anzi Galdieri

A. Rabagliati

Ma le gambe

D'Anzi Bracchi

E. Aita Trio Lescano

Ho un sassolino nella scarpa

Valci

N. Otto

Che musetto

Ceragioli Testoni

E. Lotti

Conosci mia cugina

C.A.Rossi

E. Bonino

...E zitto amore

Ruccione Bonagura

O. Carboni

Mattinata fiorentina

D'Anzi Galdieri

A. Rabagliati

Chitarra romana

Di Lazzaro

C. Buti

Serenata sentimentale

Weersma Lulli

A. Clerici

Chitarrella

Ruccione Bonagura

O. Bocaccini

Luna marinara

Bonagura Festa Simonini

C. Buti

 Il pinguino innamorato

Casiroli Consiglio 

S. Fioresi Trio Lescano

 Maramao perchè sei morto

Consiglio Panzeri 

 M. Jottini Trio Lescano

 Il pesce e l’uccellino

Kramer Rastelli

S. Fioresi Trio Lescano

 E’ arrivato l’ambasciatore

Casiroli Arcangeli 

N. Natali Trio Lescano 

Quell’uccellin che vien dal mare

Rolandi Cherubini 

O. Carboni

Pippo non lo sa

Kramer Panzeri Rastelli

S. Fioresi Trio Lescano

Canta lo sciatore

Cherubini Bixio

A. del Pelo

Sulla carrozzella

Filippini Morbelli

O. Spadaro

La bicicletta

Natili Rusconi Schor

O. Spadaro

A zonzo

Filippini Morbelli

E. Bonino

Sulla bici bicicletta

Ravasini Larici

G. Beccaria

Stelle di Spagna

De Marta Sordi Bonfanti

E. Bonino

Africanina

Rampoldi Malinverno

D. Serra

Faccetta nera

Micheli Ruccione

C. Buti

Carovane del Tigrai

Di Lazzaro Mendes

D. Serra

Ti saluto

Pinki Oldrati Rossi

Crivel

Sul lago Tana

Di Lazzaro

D. Serra

Ritorna il legionario

Pelelgrino Civarri

A. Massseglia

Parlami d’amore Mariù

Bixio Neri

V. de Sica

Tu solamente tu

Frustaci Galdieri

T. Silenzi

Mille lire al mese

Innocenzi Sopranzi

G. Mazzi

Non sei più la mia bambina

Bracchi D’Anzi

D. Lodi

Tu musica divina

Bracchi D’Anzi

D. Lodi

La canzone dell’usignolo

Di Lazzaro

L. Silvi

La piccinina

DiLazzaro Panzeri

C. Buti

Piemontesina

Raimondo Prati

S. Fioresi G. Di Palma

La romanina

Di Lazzaro Micheli

C. Buti

Bionda mia bella bionda

Ruscni Borella

S. Fioresi E. Bonino

Genovesina

Raimondo

E. Bonino Trio Aurora

Madonna fiorentina

Bixio Cherubini

O. Boccaccini

Se vuoi goder la vita

Cherubini Bixio

C. Buti

Rosabella del Molise

DiLazzaro Ciampa

S. Fioresi E. Bonino

Fiorellin del prato

Mascheroni Panzeri

A.Cleriri

Hop hop trotta cavallino

Kramer Frati

N. Colomba

Chiesetta alpina

De Martino Arrigo

O. Craboni S. Fioresi

Reginella campagnola

Di Lazzaro

C. Buti

Il valzer della povera gente

Spadaro

O. Spadaro

Ti comprerò l’armonica

Ruccione Zambrelli

S. Fioresi E. Bonino

Il valzer dell’organino

Bixio Cherubini

P. Pavesio

Appuntamento con la luna

Schisa Ftari

G. di Palma Trio Lescano

Il valzer della fisarmonica

Di Lazaro

Trio Lescano

Il primo amore

Buti

C.Buti

Borgo antico

Bonagura Bonavolontà

C,. Villa

Villa triste

Ruccione De Torres Simeoni

L. Tajoli

Serenata celeste

Ruccione Fiorelli

O. Carboni

Lo stornello del marinaio

Bixio Bonagura

L. Tajoili

Acquarello napoletano

Benedetti Bonagura

O. Carboni

Mamma

Bixio Cherubini

B. Gigli

Voglio vivere così

D’Anzi Maglio

f. Taglaivini

Solo solo nella notte

Bixio

G. Bechi

Cavallino corri e va

Di Lazzaro

G. Lugo

Ho messo il cuore nei pasticci con l’amore

D’Anzi Panzeri

F. Tavaglini

La strada nel bosco

Bixio Rusconi Nisa

G. Bec hi

Tutto bene madama la marchesa

Misraki

Masucci Osella Filogamo Milinari

Camminando sotto la pioggia

Fustaci Macario

Trio Lescano

Signora illusione

Fragna Cherubuni

L. Dolliver

Ma l’a’more no

Galideri d’Anzi

L. Termini

Il tamburo della banda d’Affori

Ravsini Panzeri Rastelli

Dea Garbaccio

E’ stata una follia

Mascheroni Mari

N. Serena

Caro

Filippini Manlio

J. Cacciagli

La canzone dei sommergibili

Ruccione Zorro

M. Montanari

La sagra di Giarabub

Ruccione De Torres Simeoni

F. Albanese

Ninna ninna in grigioverde

Militello Mari

G. Pederzeni

Lili Marlen

Schultze Rastelli

L. Termini

Rosamunda

Weywoda Nisa

D. Garbaccio

In cerca di te

Sciorilli Testoni

N. Colombo

Pino solitario

Panzuti Dampa

B. Pallesi

Buonanotte angelo mio

Danpa Pallesi

A. Rabagliati

Io t’ho incontrata a Napoli

Carmichael Forte

A. Broglia

Cantando con le lacrime agli occhi

Mascheroni Panzeri

O. Craboni

Angiolina

Roberts Martelli

G. Beccaria

Sentimental

Frustaci Garinei

W. OSIRIS

Son Belle

D’Anzi Garinei

N. Otto

Veleno

Polacci

Tina de Mola

Com’era verde la nostra vale

Placci

O. Carboni

Dammi una rosa rossa

D’Anzi Paglieri

A. Rabagliati

Ti parlerò d’amor

Marinelli

W. Osiris

Eulalia Torricelli

RediOlivieri

G. Beccaria

I pompieri di Viggiù

Fragna Larici

C. Jaione

Il re del Portogallo

Rizz a Panzeri

Quartetto Stars

I cadetti di Guascogna

Fragna Larici

C. Jaione

Oggi ho visto un leon

Maja Giacobetti

Quartetto Cetra

Alle terme di Caracalla

Svar Pinchi

C. Jaione

Avanti e idrè

Ravasini Larici

N. Pizzi

Cocoricò

Carosone Notorius

N. Pizzi

Manana por la manana

Garcia Bruneri

N. Pizzi

Maria de Bahia

Garcia Bruneri

N. Pizzi

Cica cica bum

Warren Darelli

G. Beccaria

La raspa

Gamre Grant Nisa Ardo

N. Pizzi

 

 

 

 

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